LA RIFORMA SULL’AFFIDAMENTO CONDIVISO
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Avv. Massimiliano Gabrielli – Coordinatore nazionale della Associazione Padri Separati.
Il testo della legge n. 54 del 1.02.2006: il 16 marzo 2006 è entrata in vigore la nuova legge per l’affido condiviso, dopo un percorso assai travagliato, durato dodici anni, che proietta nuove luci ed ombre sulla materia.
Cambiano le regole di affidamento dei figli in caso di separazione tra i genitori, anche in caso di coppie non sposate. Scompare la formula del vecchio affidamento esclusivo alla madre (nel 90% dei casi) in favore dela nuova figura di affidamento condiviso tra genitori. Sulla carta è la rivincita dell’elemento maschile del matrimonio, dopo la connotazione femminile imposta per decenni dalla riforma del 1970 con la legge sul divorzio. In passato era innegabile che le madri, prevalentemente casalinghe e senza reddito proprio, avevano necessità di una tutela rafforzata, in quanto sia socialmente che economicamente erano la parte debole in caso di separazione ed inoltre potevano, più dei padri, occuparsi a tempo pieno dei figli nella importante (ed insostituibile) attività di cura, educazione ed istruzione della prole, e pertanto era giusto concedere loro una protezione sul diritto alla permanenza nella casa coniugale ed al mantenimento da parte dell’altro genitore.
Oggi la disparità socio-economica tra uomo donna è venuta sicuramente meno, ed è consuetudine che entrambi i genitori lavorino fuori casa a tempo pieno; la iperprotezione legale della figura femminile e l’automatismo che attribuiva un ruolo di riferimento esclusivo alla madre nel rapporto genitoriale e di convivenza con i figli, si rivela fonte di grandissime ingiustizie. Con la legge 54/2006 si pone parziale rimedio ad un anacronismo di cui, né il legislatore né tantomeno i giudici non potevano non tener conto, cioè la parità di ruoli durante il matrimonio nella gestione dei figli, e quindi la somma ingiustizia di una figura del padre relegato – al momento della fine del rapporto di convivenza con l’altro genitore – a genitore di seconda categoria, al padre da vedere nel tempo libero (e non del quotidiano) o peggio ancora a papà bancomat.
La legge sull’affidamento condiviso, quindi, sulla carta costituisce insomma una vera rivoluzione copernicana, poiché manda in pensione il concetto di ruolo predominante della madre e stabilisce la regola della bi-genitorialità, anche dopo la crisi della coppia. Per effetto della separazione personale dei genitori, non consegue necessariamente, come nella precedente disciplina, la separazione di uno dei genitori dai figli, affinchè il fallimento come coppia non comporti necessariamente il fallimento come genitori. Non ci sono più vincitori né vinti, come finora sanciti in una udienza di tre minuti o poco più, a vantaggio del crollo di conflittualità.
La nuova legge, sulla scorta dell’esperienza maturata in molti paesi europei, prevede, infatti, come regola standard e di partenza, l’affidamento dei figli ad entrambi i genitori, anche se il giudice, con parere motivato, può ancora disporre l’affido esclusivo ad uno di essi.
Nei Tribunali, purtroppo, anche dopo la applicazione della nuova legge deve ancora maturare, nella mentalità di tanti e troppi Giudici, la cultura di un eguale ruolo di partenza nel valutare le condizioni dell’affido dei figli, nell’interesse dei minori, osservando le consuetudini familiari prima della separazione, al fine di individuare senza preconcetti quale – tra i due genitore – debba essere quello di riferimento principale.
Ancora oggi, purtroppo, la legge 54/2006 – che sulla carta è una delle migliori e più avanzate in Europa, è stata di fatto stravolta e svilita al momento della sua applicazione al caso concreto da parte dei Giudici: sono state create dalla giurisprudenza le figure di “genitore collocatario” o la necessità di un “genitore di riferimento” al fine di riconoscere, di fatto, alla figura materna, un ruolo preminante che il più delle volte non corrisponde affatto alla realtà familiare precedente. I dati ISTAT ci restituiscono una strada ancora in salità per i papà che vogliano vedersi garantito uno spazio di tempo e di ruolo eguale alle donne, avendo visto affidare i figli ad entrambi i genitori, ma di fatto nell’84% dei casi collocati in stabile convivenza con le mamme, nel 3,8% ai padri e solo nell’11,9% in affido alternato. Questa ultima forma di affidamento, secondo la quale sono i genitori ad alternarsi per eguali periodi continuativi nella casa familiare, invece di trasformare i figli in pacchi postali da scambiarsi a giorni/settimane alterne, è una eccezione davvero rara e concessa a soli pochi fortunati, anche se gli stessi genitori sono pienamente d’accordo, avendo il Tribunale più volte eccepito che ocorre comunque individuare un geniotre di riferimento per i figli (eppure, come detto, la legge non lo richiede!)
Nel caso di richiesta di disporre affidamento alternato in presenza di contrasto tra coniugi, il Tribunale, come ha spiegato Alberto Bucci (Presid.. 1a sez. Tribunale di Roma), per le giudiziali ha detto sempre di no “perché questo tipo di affidamento non ha regole”, a differenza dell’affidamento condiviso.
Restano aperti quindi i molti dubbi applicativi, soprattutto in tema di esercizio in concreto dell’affidamento condiviso tra genitori “immaturi”, l’obbligo più frequente di ricorrere all’intervento del giudice per la risoluzione dei contrasti, la difficoltà di esercitare la condivisione dei compiti in città molto grandi ed in caso di distante residenza tra i genitori, nel ruolo dei “mediatori familiari”, sul certo appesantimento dei procedimenti giudiziali di separazione e divorzio (anche in termine di costi) e sul carattere perequativo dell’assegno di mantenimento; tutti problemi che all’esame della prova pratica e giurisprudenziale, creano una disparità di trattamento e la imprevedibilità sulle condizioni che possa stabilire il Tribunale in sede giudiziale.
Nel nostro ordinamento interno, anche a seguito della introduzione della legge sull’affido condiviso, per quanto riguarda le condizioni economiche, non esiste una calcolatrice o un foglio di calcolo per individuare esattamente, in funzione del solo reddito di un genitore, quale debba essere l’importo dell’assegno da versare per il mantenimento a favore dei figli, poiché la legge individua dei parametri (come illustrati qui di seguito) per poter adeguare gli importi da versare al caso concreto. A parità di reddito, due nuclei familiari analoghi, ben potrebbero avere un tenore di vita molto diversi uno dall’altro durante il periodo di convivenza tra genitori, magari avendo una diversa tendenza al risparmio piuttosto che investire in viaggi, scuole private, viaggi all’estero etc., e quindi si ritiene opportuno dover garantire ai figli il mantenimento di quel tenore di vita (nel limite del sostenibile dopo la separazione dei due redditi) anche dopo la cessazione della convivenza tra genitori.
Elemento positivo di novità è sicuramente, a seguito dell’entrata in vigore della separazione – divorzio ed affidamento dei figli con la negoziazione assistita direttamente da Avvocati , la possibilità di applicare direttamente – senza passare dal Tribunale – l’affidamento dei figli attraverso un accordo firmato davanti agli avvocati e sottoposto solo ad un controllo formale della Procura per il nulla Osta, grazie al quale stiamo progressivamente assistendo ad un superamento di molti limiti derivanti dal “filtro” giudiziale, lasciando più libertà ai genitori di regolare il rapporto di affidamento e frequentazione ai figli alla loro effettiva volontà e capacità di gestione del quotidiano, e quindi una valanga di richieste da parte di chi è già separato o divorziato e vuole un risultato immediato che corregga o formalizzi una situazione di fatto in essere.
LA MAPPA DEL PROVVEDIMENTO:
→ AFFIDAMENTO CONDIVISO. Il giudice deve valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori siano affidati ad entrambi i genitori, fissando la misura e le modalità di presenza presso ciascun genitore e il modo nel quale ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. La regola di partenza è dunque l’affidamento riconoscendo pari ruolo ad entrambi i genitori, i quali dovranno continuare a condividere decisioni e spese per i figli. Il Tribunale non dovrà più scegliere tra uno dei due genitori, ma prescrivere le concrete modalità di frequentazione. E’ diritto del minore mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore. E’ importante chiarire che affidamento condiviso non vuol dire dividere il tempo con i figli a metà, e non aumenta la quantità, ma piuttosto la qualità del tempo che il padre trascorre con i figli, non più come semplice “depositario” dei bambini affidati all’altro genitore.
→ AFFIDAMENTO ESCLUSIVO. Quello che prima era la regola, oggi diviene l’eccezione: l’affidamento dei figli a uno solo dei genitori, solo se l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore (es. indegnità – incapacità) ed il giudice è obbligato a motivare adeguatamente la decisione. E’ evidente che non può bastare il contrasto tra i genitori, poiché non esiste, in pratica, una separazione dei coniugi che non sia accompagnata da dissapori reciproci. Ciascuno dei genitori può chiedere l’affidamento esclusivo ma anche se il giudice accoglie l’istanza, impone il diritto del minore a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori. Se la domanda viene respinta ci sono conseguenze sfavorevoli per chi ha infondatamente accusato l’altro coniuge.
→ POTESTÀ (oggi responsabilità) GENITORIALE. E’ esercitata da tutti e due i genitori: ma solo le decisioni più importanti per i figli (scelta del medico, della scuola etc.), saranno obbligatoriamente congiunte, e tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Sulle questioni di ordinaria amministrazione il giudice può decidere che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente (dunque anche il padre può decidere autonomamente della vita dei figli).
→ TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA. Se è tale da interferire con l’affidamento condiviso, ed è manifestamente tesa a rendere impossibile o eccessivamente difficoltosa la presenza dell’altro genitore, questo può chiedere la revisione degli accordi sull’affidamento, ivi compresi quelli economici.
→ ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE. Il godimento della casa è attribuito tenendo conto prioritariamente dell’interesse dei figli, come in passato, per impedire che al trauma della separazione dei genitori debba seguire l’ulteriore trauma dell’improvviso trasloco dall’ambiente casalingo. Tuttavia non essendo oltremodo certo l’esclusivo l’affidamento dei figli, è possibile ottenere che siano, ad esempio, i genitori ad alternarsi periodicamente (mensilmente) nella casa familiare; è previsto inoltre che il giudice tenga adeguatamente conto, nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, della eventuale assegnazione della casa, considerando anche l’eventuale titolo di proprietà. Inoltre, innovando completamente la disciplina, il diritto al godimento viene meno se l’assegnatario: 1) smette di abitare nella casa; 2) convive con un nuovo compagno; 3) contrae nuovo matrimonio. Ma la revoca non è automatica, deve essere chiesta con ricorso dall’altro coniuge ed il giudice decide tenendo conto dell’interesse del minore.
→ MANTENIMENTO DEI FIGLI. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascun genitore provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito. Si parla cioè di “mantenimento diretto”, dove ognuno partecipa per alcune voci di spesa. Il giudice, ove stabilisca un assegno di mantenimento deve tener conto: 1) delle attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita del minore quando i genitori convivevano; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche dei genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. L’assegno assume dunque una importanza minore e solo con funzioni di bilanciamento dei diversi redditi, poiché entrambi i genitori contribuiscono direttamente ai bisogni di spesa ordinaria. Quanto meno vengono stabiliti dai parametri cui il giudice deve adeguarsi (si vocifera addirittura di tabelle nazionali), ponendo fine alla discrezionalità assoluta delle decisioni prese dal Tribunale, ed alle ingiustificate rendite perpetue di posizione.
→ RAPPORTI CON I PARENTI. Il diritto dei nonni e dei parenti di ciascun ramo genitoriale di mantenere rapporti significativi con i minori trova finalmente fondamento nella normativa positiva. Non saranno omologabili in futuro provvedimenti che comportino il divieto di frequentare i parenti dell’uno o dell’altro genitore.
→ ASCOLTO DEL MINORE. La nuova legge dà voce al minore che abbia compiuto 12 anni, il quale dirà la sua direttamente al giudice sui rapporti con i propri genitori. Il giudice ha facoltà di ascoltare il minore anche se di età inferiore, ma solo se capace di discernimento.
→ FIGLI MAGGIORENNI. L’obbligo di mantenimento non si proroga di diritto, ma è legato alla non autonomia economica dei figli. Il giudice può disporre il pagamento di un assegno periodico, versato direttamente al ragazzo. Ai maggiorenni portatori di handicap si applicano le disposizioni previste in favore dei figli minori. Nel caso di figli maggiorenni, tuttavia, una nuova corrente giurisprudenziale sostiene la perdita del diritto alla assegnazione della casa in caso di convivenza del genitore affidatario con un altra persona.
→ RECLAMO CONTRO I PROVVEDIMENTI TEMPORANEI E URGENTI. Contro i provvedimenti disposti con ordinanza dal giudice si può proporre ricorso alla Corte d’Appello, che decide in camera di consiglio.
→ REVISIONE DELL’AFFIDAMENTO. I genitori hanno diritto in ogni momento di chiedere la revisione delle disposizioni di affidamento dei figli, qualora cambino le condizioni che avevano giustificato il precedente accordo/decisione, anche in merito all’attribuzione dell’esercizio della responsabilità su essi e sulle disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo di mantenimento. Si può chiedere l’applicazione del provvedimento sull’affido condiviso nei casi in cui sia già stato emesso il decreto di omologa dei patti di separazione consensuale, la sentenza di separazione giudiziale, di scioglimento, di annullamento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.
→ SANZIONI PER LE INADEMPIENZE. Finalmente con l’art. 709 ter cpc vengono stabilite conseguenze non solo alla sola violazione degli obblighi economici, ma anche – con una norma che introduce nel nostro ordinamento una vera e propria forma di “danno punitivo” di derivazione anglosassone, una sanzione economica a carico del genitore “scorretto, ed una una sorta di cartellino giallo o rosso: per gravi inadempienze che ostacolino il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, il giudice può ammonire il genitore inadempiente, disporre il risarcimento dei danni, in favore del minore o dell’altro coniuge o condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa da 75 a 5.000 euro in favore della Cassa ammende. Il danno endofamiliare è un nuovo di strumento di tutela, a favore sopratutto dei papà separati che subiscono ingiuste limitazioni del loro diritto di frequentazione.
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Caratteristiche
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Settori principali
- Separazione consensuale e giudiziale dei coniugi
- Modifica delle condizioni per affidamento condiviso ex L. 54/2006
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- Affidamento minori e ricorsi al Giudice tutelare
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