Divorzio da ex moglie senza reddito: niente assegno di mantenimento

Non ha diritto all’assegno di divorzio l’ex moglie disoccupata se non dimostra di non poter lavorare per cause di salute o di aver cercato un’occupazione. È quanto stabilito dalla nota pronuncia di cassazione che ha scollegato l’assegno divorzile dal parametro del tenore di vita durante il matrimonio [1].

L’ex moglie va quindi mantenuta dopo il divorzio?

Bisogna vedere se la donna è già in grado di mantenersi da sola e guadagnare quel tanto che le basta per rendersi indipendente economicamente. Quanto deve guadagnare per potersi dire autonoma? Secondo il tribunale di Milano, circa mille euro al mese. Secondo altri tribuali anche meno, in base alla situazione generale. Con un reddito simile, non si ha comunemente mai diritto all’assegno dall’ex marito, anche se durante il matrimonio alla coniuge veniva garantito un livello di benessere notevole, grazie ai redditi molto alti del marito.

Discorso diverso deve farsi invece per la donna disoccupata e totalmente priva di reddito: questa deve riuscire che la sua condizione è incolpevole e che non ha potenzialità lavorative residue (es. molto anziana o inabile etc.) e quindi dimostrare di aver cercato un posto di lavoro e di non esserci riuscita, consentendo una verifica anche per «presunzioni». Se l’ex moglie non riesce a fornire tale prova, anche se è senza lavoro e priva di reddito, non ha diritto al mantenimento.

Quindi, cosa deve fare la donna per avere il mantenimento? Dimostrare innanzitutto di non avere un reddito sufficiente a mantenersi; in secondo luogo di aver fatto di tutto per trovare un impiego o di non avere le condizioni fisiche od ambientali per poter flandare a lavorare.

Giudici di merito d’accordo: la donna divorziata deve andare a lavorare [2]

[1] Cass. sent. n. 11504/17 del 10.05.2017.

[2] Trib. Avellino, sent. n. 1227/17 del 21.06.2017.


Non è il tenore di vita durante il matrimonio, ma «l’indipendenza o l’autosufficienza economica» dell’ex coniuge il parametro per stabilire l’assegno di divorzio, poichè questo ha «natura assistenziale».

L’art. 156 comma 1 c.c. stabilisce che “Se uno dei due coniugi, a seguito di separazione o divorzio, abbia insufficiente reddito proprio e la separazione o il divorzio non sia addebitabile a lui per colpa, il giudice può stabilire che l’altro coniuge corrisponda un assegno di mantenimento“.

L’assegno di divorzio ha però natura diversa dall’assegno di mantenimento concesso durante la separazione, che presuppone una continuazione del rapporto coniugale. L’assegno divorzile invece ha esclusivamente una natura assistenziale, una natura risarcitoria (per cui bisogna accertare la causa che ha determinato la rottura del rapporto), una natura compensativa (per cui è necessario valutare gli apporti di ciascun coniuge alla conduzione familiare).

La Cassazione ha affermato che il parametro del tenore di vita non può essere utilizzato per stabilire se e quanto un conige debba versare all’altro dopo il divorzio.

Se infatti il divorzio produce l’estinzione del rapporto matrimoniale, questo vale non soltanto sul piano personale, ma anche su quello economico-patrimoniale, e stabilire il diritto a mantenere un tenore di vita che si godeva durante il matrimonio, varrebbe a stabilire una di ultrattività di quel vincolo, sia pur dal solo punto di vista degli effetti economici

Senza contare che la presenza di un assegno divorzile a tempo indeterminato può tradursi in un ostacolo alla costituzione di una nuova famiglia dopo il primo matrimonio.

Sulla base di tali argomentazioni, la Corte di Cassazione ha cancellato il parametro del tenore di vita sostituendolo con il criterio dell’autosufficienza economica del coniuge richiedente, in coerenza con la considerazione per cui il vincolo matrimoniale si è ormai irrimediabilmente sciolto, dal punto di vista affettivo così come dal punto di vista economico.

Se il coniuge è economicamente indipendente dunque (o è in grado di essere tale), l’assegno divorzile non sarà più dovuto.

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