TRATTAMENTO DATI PERSONALI E SENSIBILI IN AMBITO BANCARIO: CONTI CORRENTI APERTI A TUTTI?

SENTENZADa sempre argomento dibattuto, quello del trattamento ( nonché della tutela ) dei dati personali in ambito bancario ha sortito maggior interesse in dottrina e giurisprudenza soprattutto in seguito all’introduzione del contratto telematico bancario, in alternativa al tradizionale contratto stipulato vis-à vis tra cliente ed intermediario finanziario. Nato per facilitare i rapporti bancari, in realtà ha poi evidenziato grosse lacune sotto un duplice aspetto: in primo luogo non consentiva al cliente (normalmente non dotato delle conoscenze tecniche necessarie per la valutazione del prodotto finanziario) di conoscere le reali condizioni contrattuali, scegliendo dunque alla “cieca”e comportando di conseguenza per lungo tempo una disparità contrattuale scarsamente tollerabile dalle parti. In secondo luogo,  la normativa previgente non metteva il cliente al riparo da trasferimenti di informazioni attinenti alla condizione economica non solo all’interno dello stesso istituto di credito,ma anche tra diversi istituti e tra l’istituto di credito e la Banca d’Italia, rischiando spesso di macchiare l’immagine di “buon pagatore” di qualunque soggetto resosi inadempiente, anche se per un lasso di tempo ristrettissimo, precludendogli dunque qualunque successivo accesso al credito per un tempo di 24 mesi dal momento della segnalazione in CRIF.

Il nocumento alla privacy del cliente, a quel punto, è stato di immediata percezione. Per porre rimedio a tutto questo e colmare le lacune normative che si trascinava il Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 196/2003), dopo anni di silenzio normativo, il Garante della privacy nel 2007 ha disciplinato dettagliatamente le modalità di trattamento dei dati bancari, per definizione sensibili, definendo normativamente il termine “trattamento” e definendone tassativamente l’ambito di applicazione; tale decreto legislativo ha avuto inoltre il merito di individuare dei princìpi che fungessero da linea guida nel fisiologico divenire del rapporto contrattuale alle parti coinvolte: si fa riferimento ad esempio ai principi di liceità, trasparenza, non eccedenza e pertinenza.

Il panorama normativo è venuto a perfezionarsi ulteriormente grazie all’intervento dell’Unione Europea che, in numerose direttive, ha più volte indicato le condizioni necessarie affinché al cliente bancario fossero garantite le adeguate misure di sicurezza in ogni forma di trattamento dei propri dati, nonché le modalità di gestione degli stessi quando fa capolino la questione relativa al segreto bancario; proprio quest’ultimo elemento è stato, infatti, oggetto di numerose disquisizioni non solo in dottrina, ma anche in giurisprudenza.

A riguardo, v’è da chiarire che nella realtà normativa del nostro Paese non esisteva alcun riferimento ad un riconoscimento espresso del diritto al segreto bancario, né a livello costituzionale, né al livello delle fonti secondarie. Un “ibrido” è esistente in ambito penale, pur non riconoscendogli alcuna opponibilità al magistrato inquirente, vista la prevalenza del diritto alla sicurezza su quello alla privacy ed anche  la procedura civile ha mutuato questa particolare lettura del segreto bancario, ma nessuna regolamentazione esplicita dello stesso era individuabile. Vista la pronuncia in senso negativo circa l’esistenza di un diritto tutelabile al segreto bancario della Corte Costituzionale, è stato definitivamente abbandonata l’impostazione contraria.

Più recentemente poi, la manovra introdotta durante il governo Monti, con l’emanazione del “Decreto Salva Italia”, ha fugato ogni possibile dubbio residuale:  dal prossimo anno, infatti, verrà introdotto un sistema in grado di registrare ogni movimento bancario di ogni singolo cliente per controllare la veridicità dei dati reddituali di ognuno, senza distinzione alcuna e senza che vi siano indagini che giustificassero l’intromissione nei dati personali del cittadino.

Non pochi problemi si prospettano all’orizzonte.

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