Reati di violenza domestica e Coronavirus – opposizione alla richiesta di archiviazione delle denunce

L’OPPOSIZIONE ALLA RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DELLA VITTIMA DI REATI COMMESSI IN AMBITO FAMILIARE CON VIOLENZA SULLA PERSONA DAL CONIUGE O CONVIVENTE MORE UXORIO.

Un tema giuridico che merita particolare attenzione, è quello relativo alle procedure collegate ai reati commessi in ambito familiare con violenza sulla persona e/o di stalking posti in essere dal coniuge o dal convivente more uxorio (durante la convivenza o dopo la fine della relazione affettiva). Tema di cui si parla sempre più spesso e con crescente diffusione del fenomeno, sopratutto in questo periodo di emergenza coronavirus nel quale è stata forzatamente disposta la permanenza e convivenza fissa in casa di persone che avevano già rapporti altamente conflittuali prima della quarantena, invitando sempre a denunciare subito i propri aguzzini, senza che però venga spiegato cosa consegue alla segnalazione alle forze dell’ordine delle condotte criminose, e come reagire se il Pubblico ministero non dovesse credere alla versione della vittima, possibilità che non è affatto da escludersi, visto che il più delle volte si tratta della parola di una parte contro l’altra, ed i riscontri e le prove sulle accuse vanno raccolte con cura e ricercate con una attenzione non sempre garantita dalla pubblica accusa.

Dopo aver presentato una denuncia/querela ai Carabinieri od alla polizia per condotte di violenza o persecutorie, questa viene trasmessa all’ufficio della Procura della Repubblica competente per territorio, che è tenuta a verificare la fondatezza delle accuse, e perseguire penalmente i colpevoli attraverso un processo a loro carico.

È piuttosto frequente, tuttavia, che la parte offesa, a distanza di qualche tempo, si veda invece notificare un avviso di archiviazione da parte del Pubblico Ministero, in quanto lo stesso non ritiene sussistere i presupposti per esercitare l’azione penale. Il più delle volte le motivazioni del PM riguardano il merito della vicenda, che viene ricondotta a controversie familiari prive di rilevanza penale od in assenza di una prova sui fatti, ma può riguardare anche questioni formali come la tardività della querela.

In questi casi la persona offesa può presentare al Giudice per le Indagini Preliminari un’atto di opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero, ai sensi dell’art. 410 c.p.p., con la quale invece sostiene l’accusa e chiede di proseguire nelle indagini e nel procedimento penale.

Va sin da subito rilevato, difatti, che l’obiettivo del coniuge od il convivente vittima di tali reati, deve certamente essere quello relativo all’affermazione della penale responsabilità dell’autore delle condotte criminose, ossia che la denuncia presentata porti all’instaurazione di un procedimento penale a carico dell’autore del delitto ed alla sua eventuale condanna, soprattutto per l’effetto deterrente della pendenza di un procedimento a carico dell’indagato, e per gli effetti su eventuali recidive nei comportamenti violenti.

Nonostante gli altisonanti inviti sui media siano sempre a denunciare i reati commessi in ambito domestico, non è raro invece che, dopo aver faticosamente deciso di presentare una querela/denuncia all’autorità inquirente, la vittima si veda recapitare una richiesta di archiviazione del fascicolo presentata dal P.M ex artt. 408 e 411 c.p.p., e la parte offesa non sia sufficientemente informata sulle concrete possibilità di rivolgersi direttamente al Giudice per le Indagini Preliminari.  

Bisogna sin d’ora sottolineare che anche se l’esercizio dell’azione penale spetta al Pubblico Ministero, il ruolo della persona offesa, dopo aver presentato un esposto/denuncia/querela, soprattutto nella fase delle indagini preliminari viene relegato, perlopiù, nell’essere un mero spettatore (può, difatti, solo presentare memorie ed elencare elementi di prova, ma è il PM a decidere se svolgere indagini e perseguire i reati ipotizzati, ovvero archiviare la querela).

Da parte nostra invece sosteniamo con forza che la vittima, parte lesa o offesa dai reati, NON E’ una parte eventuale nel processo penale ma al contrario possa e debba svolgere il suo ruolo in modo attivo per mezzo di un difensore all’uopo nominato, al fine di sostenere ed in alcuni casi vicariare le Procure, affiancando ed integrando le indagini della polizia giudiziaria con ulteriori elementi di prova, spingendole a formalizzare le accuse senza sottodimensionare i fatti e la gravità delle condotte o le conseguenze delle stesse sulla qualità di vita delle vittime, per poi costituirsi parte civile nel processo penale una volta instauratosi, al fine non soltanto di ottenere in tale sede il risarcimento dei danni subiti in conseguenza del reato, ma soprattutto l’affermazione della verità e delle responsabilità penali a carico di tutti i responsabili.

Prima, però, di passare all’analisi in punto di opposizione alla richiesta di archiviazione di cui all’art. 410 c.p.p., si ritiene necessario fare una breve digressione su cosa si intenda per richiesta di archiviazione e dei termini che sono previsti nelle varie fasi per i reati di cui si discute.

La vittima di un qualsiasi reato è titolare del diritto di sporgere formale denunzia-querela contro l’autore dei fatti criminosi per vederne, così, accertata la rilevanza penale e pronunciata una condanna penale. Se generalmente, ma non senza eccezioni, il termine valido entro cui presentare la querela è quello di 3 mesi dall’ultima condotta delittuosa, nelle ipotesi di reati commessi in ambito familiare con violenza sulla persona, il legislatore ha accordato un termine più ampio, identificato in 6 mesi dall’ultima condotta.

Un discorso diverso riguarda i maltrattamenti in famiglia di cui all’art. 572 c.p. e, più in generale, per ogni tipologia di reati procedibili d’ufficio, come ad esempio quando le condotte delittuose riguardino (anche) i figli minorenni: in tali ipotesi, infatti, non è necessaria la presentazione di una formale querela per la persecuzione dell’autore delle condotte delittuose ma è sufficiente che vi sia una notizia di reato in altro modo acquisita dall’Autorità competente (es. una chiamata telefonica dei vicini per richiedere un intervento ai Carabinieri per un litigio in corso, od un semplice esposto di una qualsiasi parte) perché la Procura sia chiamata ad interessarsi della vicenda e proceda, d’ufficio appunto, all’esercizio dell’azione penale per verificare eventuali condotte illecite.

Nei reati procedibili d’ufficio, tra l’altro, qualora la vittima decidesse di denunciare il coniuge o il convivente more uxorio, una eventuale remissione della querela non produrrebbe alcun effetto ed il procedimento penale a carico dell’indagato continuerebbe comunque il suo corso.

Tuttavia, anche a seguito della formale presentazione della denunzia-querela, non è affatto scontato che il Pubblico Ministero chieda il rinvio a giudizio dell’indagato, ma, talvolta per ragioni legittime, come spesso anche per errori o superficialità nella fase investigativa, accade che quest’ultima chieda invece di archiviare il procedimento.

L’atto con cui il P.M. chiede al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) l’archiviazione del procedimento deve essere sempre motivato e trova giustificazione nel verificarsi di determinate circostanze tassativamente previste dal legislatore agli artt. 408 c.p.p. (motivi di merito) e 411 c.p.p., (motivi di diritto) di seguito elencate:

  1. la notizia di reato risulta infondata;
  2. manca una condizione di procedibilità (es. nelle ipotesi di reati procedibili soltanto a querela di parte e questa manchi o sia stata presentata oltre il termine di 6 mesi);
  3. il reato è estinto (es. prescrizione);
  4. l’indagato non è punibile ai sensi dell’art. 131 bis c.p. per particolare tenuità del fatto;
  5. il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Una volta che il Pubblico Ministero si sia determinato nel chiedere l’archiviazione per uno dei motivi sopra elencati, il GIP viene investito della decisione e, decorso un certo termine, potrà accogliere l’istanza dell’organo inquirente (disponendo de plano con decreto motivato l’archiviazione del procedimento e restituendo tutti gli atti al Pubblico Ministero.), ma anche rigettare “d’ufficio” la richiesta, o, come molto più spesso avviene, proprio a seguito della opposizione della parte offesa, in tal caso fissando entro 3 mesi l’udienza in camera di consiglio e facendone dare avviso al Pubblico Ministero, all’indagato ed alla persona offesa.

E’ proprio nella fase successiva all’avviso della richiesta di archiviazione del PM alla persona offesa, che il legislatore ha accordato a quest’ultima la possibilità di intervenire al fine di scongiurare la chiusura de plano del procedimento penale, incidendo sulle determinazioni del GIP attraverso la presentazione di un atto motivato di opposizione ex art. 410 c.p.p. da depositare presso gli uffici del Pubblico Ministero entro 30 giorni dalla data di notifica.

Va precisato, con specifico riferimento alla notifica che, nelle ipotesi di reati commessi in ambito familiare con violenza sulla persona di cui alla presente trattazione, la persona offesa, ai sensi dell’art. 408 co. 3 bis c.p.p., ha sempre diritto di essere avvisata tanto della richiesta di archiviazione e della conseguente possibilità di presentare opposizione nei termini di legge, anche se non ne abbia espressamente fatto richiesta (condizione necessaria, invece, per altre tipologie di retai commessi senza violenza sulla persona – art. 408 co. 2 c.p.p.).

La legittimazione è accordata al coniuge o al convivente more uxorio o comunque alla vittima dei reati in oggetto; in seconda istanza anche ai prossimi congiunti della persona offesa deceduta in conseguenza del reato (art. 90 co. 3 e 92 c.p.p.) ed agli enti ed alle associazioni rappresentative dell’interesse leso dal reato. L’opposizione, esattamente come la denuncia-querela, può essere presentata anche direttamente in proprio dalla persona offesa, anche se la complessità e specificità del suo contenuto rende fortemente preferibile l’avallo di un esperto per la sua stesura e presentazione per evitare che sia dichiarato inammissibile dal GIP. E’ importante in definitiva che l’opposizione sia strutturata in modo da scongiurare il pericolo tanto di una inammissibilità formale che di non accoglimento sostanziale.

In primis, difatti, occorre che l’istante elenchi quelle che ritiene siano le possibili indagini da espletare e non ancora effettuate dal Pubblico Ministero (es. acquisire possibili conferme da persone informate dei fatti, o documenti presso uffici pubblici o simili) ed, inoltre, può addurre direttamente ulteriori elementi di prova (ad esempio documenti, messaggi di minaccia o fotografie e video etc.) così come disposto dall’art. 410 co. 1 c.p.p.

Non basta pertanto svolgere considerazioni di merito che riguardino i fatti già oggetto della denuncia e dell’interpretazione data dal Pubblico Ministero, ma occorre, a pena di inammissibilità, che venga evidenziato anche la possibilità ed opportunità di svolgere investigazioni suppletive ed i relativi elementi di prova che è possibile acquisire.

Un discorso diverso deve essere fatto invece per le ipotesi in cui il P.M. abbia richiesto l’archiviazione del procedimento per particolare tenuità del fatto (131 bis c.p. in combinato disposto con l’art. 411 c.p.p.)

In tal caso, difatti, l’opposizione potrà fondarsi anche solo su considerazioni di merito che mettano in luce le ragioni di dissenso all’archiviazione del procedimento penale e sulla diversa incidenza dei fatti sulla vita delle persone; questo è reso possibile in quanto l’archiviazione per particolare tenuità del fatto presuppone comunque una determinazione della Pubblica Accusa circa l’effettiva commissione di un reato, seppur di lieve entità, venendo invece in contestazione esclusivamente la valutazione sulla gravità del fatto commesso.  

Nelle altre ipotesi, invece, il P.M. ha effettuato una prognosi negativa circa la fondatezza dell’ipotesi accusatoria e la persona offesa è tenuta ad indicare quali siano state le carenze investigative e in che modo possano esser colmate.  Questa regola però non toglie che il GIP abbia un autonomo potere di valutazione sulla richiesta di archiviazione e possa disporre in ogni caso, anche in mancanza di opposizione od in assenza di indicazioni risolutive della parte offesa, di restituire gli atti alla Procura e disporre la prosecuzione delle indagini per acquisire altri elementi volti alla possibile incriminazione dell’indagato.

La decisione sull’opposizione alla richiesta di archiviazione viene adottata a seguito di un’udienza che si svolgerà con il rito camerale ex art. 127 c.p.p. a cui hanno diritto di partecipare la persona offesa (munita o meno di un suo difensore) e le altre parti processuali (indagato e suo difensore, altre eventuali parti); all’esito della discussione della vicenda nel contraddittorio tra tutte le parti presenti, il GIP anche dopo aver ritenuto ammissibile l’istanza di opposizione, potrebbe comunque disporre l’archiviazione definitiva del fascicolo penale, ritenendo che l’opposizione non abbia aggiunto alcun elemento di contrasto convincente alla richiesta di archiviazione del PM.

Viceversa, sempre a seguito della udienza in camera di consiglio, il GIP potrà respingere la richiesta di archiviazione e dunque accogliere l’opposizione della parte offesa, indicando nel provvedimento su quali elementi si dovranno effettuare altre indagini e restituendo a tale scopo atti al P.M., oppure richiedere alla Pubblica Accusa di formulare entro 10 giorni il capo di imputazione nei confronti dell’autore dei reati, in funzione del suo rinvio a giudizio.  

Un ulteriore aspetto utile a definire il meccanismo di opposizione è quello relativo al termine ultimo per presentare l’istanza: sul punto, sebbene l’art 408 co. 3 bis c.p.p. preveda per la tipologia di reati in esame espressamente un termine più esteso dei 15 gg. previsti per i reati ordinari, ossia di 30 gg dalla notifica della richiesta alla persona offesa, dottrina e giurisprudenza si sono espresse in modo favorevole alla natura solo ordinatoria di tale termine e, più in generale, dei termini per proporre opposizione ex art. 410 c.p.p., nel senso quindi che anche una opposizione tardiva determina l’obbligo per il GIP di fissare l’udienza per la discussione in camera di consiglio e del contraddittorio, purché l’opposizione sia depositata senza che il GIP abbia già disposto l’archiviazione definitiva, che può pronunciare decorsi non meno di 30 giorni dalla notifica, e molto spesso non prima di qualche mese.

Per completezza va detto infine che l’archiviazione è ricorribile per Cassazione nel caso di omessa notifica dell’avviso della richiesta di archiviazione ovvero la possibilità di proporre opposizione entro i termini di legge alla parte interessata, e, nelle ipotesi in cui l’archiviazione sia pronunciata a seguito di udienza dal GIP, solo per cause tassative di nullità ovvero: 1) manchi il tempestivo avviso alla persona offesa della data di udienza della camera di consiglio; 2)  quando, avendone fatto richiesta, la persona offesa non è stata sentita.

In conclusione, nelle ipotesi di opposizione della persona offesa alla richiesta di archiviazione avanzata dal P.M. per i reati in ambito domestico, persecutori e di stalking, gli scenari possibili possono così riassumersi:

  • il GIP investito della decisione a seguito di opposizione della parte offesa, potrà dichiarare l’inammissibilità della istanza oppure è tenuto a fissare una udienza per la discussione nel contraddittorio delle parti, a seguito della quale potrebbe comunque dichiarare l’infondatezza della notizia di reato e conseguentemente archiviare in via definitiva il procedimento penale con decreto motivato;
  • qualora l’opposizione venga invece accolta il GIP potrà tanto disporre la prosecuzione o l’integrazione delle indagini (fissando un termine per lo svolgimento delle investigazioni suppletive e restituendo a tal fine gli atti al P.M.). quanto, qualora ritenga gli elementi investigativi già acquisiti sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio, ordinare al PM. di formulare il capo d’imputazione e fissare entro 2 giorni l’udienza preliminare (cd. imputazione coatta).

Va detto infine che, anche qualora il GIP dovesse archiviare il procedimento penale, la persona offesa, qualora in qualunque momento successivo vengano in esistenza nuovi elementi nuovi di prova, potrebbe in ultima analisi richiedere al Pubblico Ministero la riapertura delle indagini.

Dott.ssa Cecilia Tau

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