Responsabilità da insidia stradale e buche per la Pubblica Amministrazione


E’ sempre molto ricorrente il caso di  motociclisti e pedoni che finiscono per cadere rovinosamente a causa di buche e tombini sul manto stradale o sul marciapiede la cui manutenzione, che è affidata ai Comuni, lascia molto spesso a desiderare. Nella vita quotidiana, può succedere di incorrere in piccoli o grandi infortuni ed incidenti, inciampando o finendo con la auto in una buca, cadendo da un percorso pubblico non in sicurezza, scivolando su un marciapiede sconnesso etc., tutti eventi qualificabili come danni da insidia, poiché causati da pericoli occulti che possono ripercuotersi sull’utente del suolo pubblico ignaro del rischio in prossimità. Ebbene, al riguardo occorre precisare come spesso, è proprio la Pubblica Amministrazione, il gestore del bene (demaniale quindi) ove si verifica l’evento dannoso, ad avere la custodia del bene, e allora ci si chiede che responsabilità può configurarsi in capo a tale gestore, chi risponde dei danni in questi casi di cosiddetta insidia stradale e che possibilità si hanno di essere risarciti ?

Al riguardo infatti si è assistito nel corso del tempo ad una evoluzione giurisprudenziale, volta alla salvaguardia degli interessi del soggetto danneggiato, che si ripercuote di fatto sulla responsabilità dell’ente pubblico tenuto quindi al risarcimento dei danni (fisici e materiali) patiti dai danneggiati. Infatti se ormai dalla storica sentenza della Corte Cost. n. 156 del 1999 appare pacifico come la Pubblica Amministrazione risponda de ogni atto o fatto illecito connesso con gli obblighi cui è tenuto quale proprietario e incaricato della gestione del bene, resta solamente da inquadrare sotto quale ambito possa riscontrarsi tale responsabilità: se sotto il dettato dell’art. 2043 c.c. oppure dell’art. 2051 cc. Distinzione questa, non meramente formale, ma dalla quale derivano conseguenze di ordine probatorio non poco rilevanti.

La più recente giurisprudenza infatti tende a ricollegare la responsabilità della Pubblica Amministrazione all’art. 2051 c.c. tutte le volete in cui sia “possibile un concreto controllo ed una vigilanza idonea ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo, ovvero, per la loro limitata estensione territoriale, consentano una adeguata attività di vigilanza” (Corte Cass. n. 22671 del 21.112011). Ebbene, da tale impostazione deriva come conseguenza primaria l’irrilevanza della colpa nella causazione dell’evento insidioso connesso con la custodia del bene, trattandosi di null’altro che dell’estensione del c.d. rischio da custodia secondo l’antico brocardo latino “cuius commoda eius incommoda” già pacificamente operante per il custode dei beni privati, ed esteso quindi anche ai beni demaniali. Ampliamento questo, che si traduce nella configurabilità in capo alla Pubblica Amministrazione di una ipotesi di responsabilità meramente oggettiva comportante un restrizione dell’onus probatorio del danneggiato; Ergo l’utente sinistrato dovrebbe solamente provare il nesso causale tra l’infortunio generato dall’insidia e i danni riportati. (si veda Corte Cass. con la sent. n. 20415 del 22.09.2009) e si assisterebbe nel concreto all’inversione dell’onere della prova- il Comune è obbligato a custodire le strade e le aree ad esso affidate in custodia, con la conseguenza che è responsabile dei danni cagionati alle persone e cose, nei limiti in cui dimostri che vi sia l’impossibilità di governo del territorio.

Tuttavia appare ovvio come un tale principio debba trovare una limitazione nell’applicazione concreta, onde evitarne un abuso da parte dell’utenza. Si è assistito così al proliferare di paletti giurisprudenziali volti a limitare tali ipotesi di responsabilità oggettiva. Tra le tante si cita ed esempio la sent. N. n. 15042 della Corte Cass. del 2008 ove, ponendosi l’attenzione Essendo tuttavia detti beni particolarmente esposti a fattori di rischio […]il caso fortuito idoneo ad esimere da responsabilità il custode […] va individuato […] nei casi in cui la causa che ha provocato il danno non sia strutturale e intrinseca al modo di essere del bene, ma sia derivata da comportamenti estemporanei di terzi, non immediatamente conoscibili o eliminabili dal custode”. Tuttavia, malgrado i tentativi giurisprudenziali, appare ovvio come per poter escludere la propria responsabilità in dette ipotesi, la Pubblica Amministrazione deve necessariamente provare l’esistenza di quel fattore estraneo alla sfera soggettiva del danneggiato, idoneo ad interrompere quel nesso causale posto a fondamento della responsabilità intesa come oggettiva.

In capo alla Pubblica Amministrazione, può tuttavia riscontrarsi – se volgiamo in via subordinata a quella fin’ora esaminata- anche una responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c..Tale norma infatti, posta a fondamento del “neminem laedere”, tende a tutelare il danneggiato dalla cosiddetta insidia o trabocchetto. Per poter trovare applicazione però al caso concreto devono poter rscontrarsi ben due differenti aspetti: quello dell’insidiosità -quale espressione oggettiva dello stato in cui versa il bene demaniale scenario del sistro- e quello della non prevedibilità del verificarsi dell’evento- più squisitamente soggettivo-. Si veda in merito la Sent. Corte Cass. n. 22671 del 21.112011 che parla di una “situazione di pericolo occulto […] caratterizzata dall’elemento oggettivo della non visibilità del pericolo e da quello soggettivo della non prevedibilità dello stesso secondo il comportamento di colui che utilizzi la normale prudenza”. Qui però non siamo dinnanzi ad una ipotesi di responsabilità oggettiva, e conseguentemente non si assiste all’inversione dell’onere della prova caratterizzante l’altra ipotesi analizzata, con la conseguenza che sarà il soggetto danneggiato a dover di volta in volta dimostrare che l’evento dannoso si è verificato a causa della c.d. “isidia” o “trabbochetto” ovvero che il bene demaniale presenti una situazione di pericolo occulto ricadendo in capo alla Pubblica .Amministrazione solo l’onere della prova dei fatti impeditivi. . Ovviamente , questo fattore scriminate del trabocchetto risulta essere una elaborazione giurisprudenziale volta a limitare l’estensione di responsabilità della Pubblica Amministrazione, che conseguentemente viene a ad assumere una posizione di innegabile vantaggio nei confronti del cittadino danneggiato. Ed è proprio per tale motivo che si è sviluppata l’ impostazione giurisprudenziale analizzata per prima, che appunto tende a riequilibrare i rapporti tra utenza e P.A.

Con una recente sentenza, emessa in data 9 gennaio 2012, il Tribunale di Roma è tornato a decidere su un caso di danno da insidia stradale, precisando un principio: la responsabilità per le insidie stradali, ben delimitata dalla copiosa giurisprudenza degli ultimi anni, è sempre dell’Ente proprietario della strada e può essere esclusa solo dal caso fortuito. Il fatto che l’Ente abbia incaricato una società di curare la manutenzione della strada non lo esime dal rispondere dei danni agli utenti.

IL COMUNE SI SALVA, MANCAVA LA PROVA DEL FATTO – Nel caso deciso dal Giudice capitolino di primo grado la cittadina lesionata non era stata in grado di provare il “fatto storico”, ovvero di provare che in quel dato giorno, a quella data ora, era caduta a causa di una disconnessione del manto stradale, e per questo la sua domanda di risarcimento non poteva che essere rigettata. Tuttavia, nella sentenza, il decidente ha colto l’occasione per fare il punto sulla responsabilità da insidie stradali, confermando l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, che pone sulle spalle degli enti proprietari delle strade il peso del rischio che gli utenti riportino danni materiali o lesioni.

NUOVA VISIONE – Fino a un decennio fa infatti, il cittadino che cadeva in una buca stradale doveva provare il fatto storico, il fatto che la caduta era stata causata dalla buca, ma anche che la buca rappresentava la cosiddetta “insidia o trabocchetto”, ovvero un pericolo occulto non prevedibile con l’ordinaria diligenza. Adesso invece, dopo le innumerevoli pronunce della Corte di Cassazione che hanno affermato il principio, la responsabilità dei Comuni, delle Province e di tutti gli enti proprietari delle strade è automatica (è responsabilità da cose in custodia, art. 2051 c.c.), se viene provato che la caduta è stata causata dalla buca. Sarà l’Ente proprietario a dover provare che la caduta è stata determinata da caso fortuito o da colpa del danneggiato.

LA COLPA E’ DI CHI DEVE FARE LA MANUTENZIONE – Al principio sopra enunciato, secondo cui è l’Ente proprietario della strada a dover provare di non avere colpa nella caduta, il Giudice capitolino aggiunge una precisazione: il Comune non può dare la colpa alla società appaltatrice della manutenzione. Se il cantiere è delimitato da recinzione allora la responsabilità passa a chi fa i lavori. Altrimenti l’Ente proprietario rimane custode e quindi risponde dei danni fino a prova contraria. Il Comune di Roma non viene condannato, perché la danneggiata non è riuscita a provare né la caduta, né che tale caduta era stata causata dalla buca, ma se viceversa tali prove fossero state raggiunte, la sua difesa mirata a scaricare la responsabilità su chi è incaricato di fare la manutenzione non avrebbe dato alcun risultato.

Il danneggiato deve provare gli elementi costitutivi del fatto doloso o colposo che ha causato il danno, il nesso di causalità, il danno ingiusto patito e l’imputabilità soggettiva all’ente proprietario della strada mentre quest’ultimo ha l’onere di dimostrare o il concorso di colpa del pedone o la presenza del caso fortuito per esimersi da ogni responsabilità.

Dovrà essere accertata una situazione di pericolo occulto per l’utente della strada aperta al pubblico, la cosiddetta insidia o trabocchetto, caratterizzata, secondo la giurisprudenza, da unelemento oggettivo, la “non visibilità”, e un elemento soggettivo, la“non prevedibilità”. Spetta al danneggiato provare l’esistenza dei due elementi, ad esempio che la buca fosse celata da foglie o altri detriti o le condizioni atmosferiche che ne impedivano la visibilità e che tale insidia non era per lui prevedibile. La caduta a causa di una buca creatasi da vari giorni sul marciapiede che si percorre abitualmente per andare al lavoro non avrebbe il requisito della imprevedibilità. Il soggetto danneggiato nell’uso del bene demaniale dovrà aver usato la normale diligenza senza contribuire al verificarsi del fatto dannoso, ad esempio nel caso del conducente di un ciclomotore rovinato a terra per un tombino, con il tempo incassato nel manto stradale, che circolava nella tarda serata a fari spenti potrebbe configurarsi un concorso di responsabilità.

In sostanza i Giudici fanno questa equivalenza: insidia visibile = nessun risarcimento del danno. Però, prima di fare questa equivalenza, bisogna sempre accertare se l’ente abbia un effettivo potere di custodia sulla strada. Se questo potere c’è, e se l’ente od il Comune sono custodi dell’area, la scusa dell’insidia visibile non vale più. Questa circostanza va accertata caso per caso ed è il Giudice ad effettuare questo accertamento, senza pregiudizio per il pedone nel tema della prova che, quindi, non grava su questo ultimo.

SUGGERIMENTI UTILI in caso di incidente provocato da una insidia:

  • chiedere l’immediato intervento della polizia municipale, e far riscontrare sul verbale le condizioni della strada e l’esistenza della buca o del tombino sconnesso o della insidia/trabocchetto che ha provocato la caduta. Ritirate copia del verbale delle autorità intervenute appena disponibile.
  • scattare alcune foto della insidia con il cellulare, mettere nella buca un oggetto per fare da riferimento nelle dimensioni e profondità, fare le foto prima dell’intervento dei Vigili urbani e anche, sopratutto, ed anche dopo, se l’area viene segnalata o si procede alla manutenzione;
  • fornirsi di testimoni che abbiano assistito all’evento dannoso, necessari per poter intraprendere con maggiori probabilità di successo la procedura di risarcimento dei danni nei confronti della Pubblica Amministrazione.
  • recatevi al Pronto Soccorso se avete affrontato un urto di una certa importanza, anche senza lesioni evidenti il cd. “colpo di frusta” da diritto al risarcimento danni alla persona per l’1%
  • affidatevi subito ad un legale che, come il ns. ufficio, ha convenzioni con le carrozzerie per la riparazione del danno ai mezzi senza anticipi, e che si occupa della perizia dei danni alla persona nel miglior modo, fornendogli appena disponibile copia del verbale dell’autorità intervenuta
  • NON SCRIVETE PERSONALMENTE LETTERE ALLA VS ASSICURAZIONE OD AL COMUNE, lasciate fare ai legali che sapranno indicare la dinamica nel miglior modo e non creare equivoci scongiurando il rischio di rappresentazioni dell’evento che possono impedire il risarcimento;
  • conservate tutta la documentazione medica e di spese mediche, nolo auto sostitutiva, spostamenti, altre spese, etc. etc.

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Nella vita quotidiana, può succedere di incorrere in piccoli o grandi infortuni, qualificabili come danni da insidia, poiché causati da pericoli occulti che possono ripercuotersi sull’utente ignaro. Ebbene, al riguardo occorre precisare come spesso, è proprio la Pubblica Amministrazione, il gestore del bene (demaniale quindi) ove si verifica l’evento dannoso, e allora ci si chiede che responsabilità può configurarsi in capo a tale gestore.
Al riguardo infatti si è assistito nel corso del tempo ad una evoluzione giurisprudenziale, volta alla salvaguardia degli interessi del soggetto danneggiato, che si ripercuote di fatto sulla responsabilità dell’ente pubblico tenuto quindi al risarcimento dei danni (fisici e materiali) patiti dai danneggiati. Infatti se ormai dalla storica sentenza della Corte Cost. n. 156 del 1999 appare pacifico come la Pubblica Amministrazione risponda de ogni atto o fatto illecito connesso con gli obblighi cui è tenuto quale proprietario e incaricato della gestione del bene, resta solamente da inquadrare sotto quale ambito possa riscontrarsi tale responsabilità: se sotto il dettato dell’art. 2043 c.c. oppure dell’art. 2051 cc. Distinzione questa, non meramente formale, ma dalla quale derivano conseguenze di ordine probatorio non poco rilevanti.
La più recente giurisprudenza infatti tende a ricollegare la responsabilità della Pubblica Amministrazione all’art. 2051 c.c. tutte le volete in cui sia “possibile un concreto controllo ed una vigilanza idonea ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo, ovvero, per la loro limitata estensione territoriale, consentano una adeguata attività di vigilanza” (Corte Cass. n. 22671 del 21.112011). Ebbene, da tale impostazione deriva come conseguenza primaria l’irrilevanza della colpa nella causazione dell’evento insidioso connesso con la custodia del bene, trattandosi di null’altro che dell’estensione del c.d. rischio da custodia secondo l’antico brocardo latino “cuius commoda eius incommoda” già pacificamente operante per il custode dei beni privati, ed esteso quindi anche ai beni demaniali. Ampliamento questo, che si traduce nella configurabilità in capo alla Pubblica Amministrazione di una ipotesi di responsabilità meramente oggettiva comportante un restrizione dell’onus probatorio del danneggiato; Ergo l’utente sinistrato dovrebbe solamente provare il nesso causale tra l’infortunio generato dall’insidia e i danni riportati. (si veda Corte Cass. con la sent. n. 20415 del 22.09.2009) e si assisterebbe nel concreto all’inversione dell’onere della prova- il Comune è obbligato a custodire le strade e le aree ad esso affidate in custodia, con la conseguenza che è responsabile dei danni cagionati alle persone e cose, nei limiti in cui dimostri che vi sia l’impossibilità di governo del territorio-.
Tuttavia appare ovvio come un tale principio debba trovare una limitazione nell’applicazione concreta, onde evitarne un abuso da parte dell’utenza. Si è assistito così al proliferare di paletti giurisprudenziali volti a limitare tali ipotesi di responsabilità oggettiva. Tra le tante si cita ed esempio la sent. N. n. 15042 della Corte Cass. del 2008 ove, ponendosi l’attenzione Essendo tuttavia detti beni particolarmente esposti a fattori di rischio […]il caso fortuito idoneo ad esimere da responsabilità il custode […] va individuato […] nei casi in cui la causa che ha provocato il danno non sia strutturale e intrinseca al modo di essere del bene, ma sia derivata da comportamenti estemporanei di terzi, non immediatamente conoscibili o eliminabili dal custode”. Tuttavia, malgrado i tentativi giurisprudenziali, appare ovvio come per poter escludere la propria responsabilità in dette ipotesi, la Pubblica Amministrazione deve necessariamente provare l’esistenza di quel fattore estraneo alla sfera soggettiva del danneggiato, idoneo ad interrompere quel nesso causale posto a fondamento della responsabilità intesa come oggettiva.
In capo alla Pubblica Amministrazione, può tuttavia riscontrarsi – se volgiamo in via subordinata a quella fin’ora esaminata- anche una responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c..Tale norma infatti, posta a fondamento del “neminem laedere”, tende a tutelare il danneggiato dalla cosiddetta insidia o trabocchetto. Per poter trovare applicazione però al caso concreto devono poter rscontrarsi ben due differenti aspetti: quello dell’insidiosità -quale espressione oggettiva dello stato in cui versa il bene demaniale scenario del sistro- e quello della non prevedibilità del verificarsi dell’evento- più squisitamente soggettivo-. Si veda in merito la Sent. Corte Cass. n. 22671 del 21.112011 che parla di una “situazione di pericolo occulto […] caratterizzata dall’elemento oggettivo della non visibilità del pericolo e da quello soggettivo della non prevedibilità dello stesso secondo il comportamento di colui che utilizzi la normale prudenza”. Qui però non siamo dinnanzi ad una ipotesi di responsabilità oggettiva, e conseguentemente non si assiste all’inversione dell’onere della prova caratterizzante l’altra ipotesi analizzata, con la conseguenza che sarà il soggetto danneggiato a dover di volta in volta dimostrare che l’evento dannoso si è verificato a causa della c.d. “isidia” o “trabbochetto” ovvero che il bene demaniale presenti una situazione di pericolo occulto ricadendo in capo alla Pubblica .Amministrazione solo l’onere della prova dei fatti impeditivi. . Ovviamente , questo fattore scriminate del trabocchetto risulta essere una elaborazione giurisprudenziale volta a limitare l’estensione di responsabilità della Pubblica Amministrazione, che conseguentemente viene a ad assumere una posizione di innegabile vantaggio nei confronti del cittadino danneggiato. Ed è proprio per tale motivo che si è sviluppata l’ impostazione giurisprudenziale analizzata per prima, che appunto tende a riequilibrare i rapporti tra utenza e P.A.

4 thoughts on “Responsabilità da insidia stradale e buche per la Pubblica Amministrazione

  1. vorrei sapere se cadendo in un area di parcheggio pubblica su cui c’era del muschio sul marciapiede può farmi avere un risarcimento danni, mi sono fratturato la gamba e ho fatto le foto del posto

    1. Se l’area è aperta la transito e il muschio rendeva particolarmente scivolosa la pavimentazione, in mancanza di una segnalazione di pericolo ciò rappresenta una INSIDIA e quindi genera una responsabilità dell’ente gestore e incaricato della manutenzione del parcheggio

  2. sono caduta in una buca di Roma, ho fatto causa al comune e il giudice mi ha dato torto, vorrei se fosse possibile un consulto analizzando la sentenza se vi sono i presupposti per impugnarla.

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